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Uomo con la Sla torna a parlare grazie all'I.A.

Uomo con la Sla torna a parlare grazie all'I.A.

Aiutare le persone affette da Sla a tornare a parlare in modo fluido e naturale: è il traguardo raggiunto dalla nuova interfaccia uomo-macchina BrainGate2, realizzata dal gruppo di ricerca dell'Università della California a Davis. In pratica, si tratta microelettrodi impiantati nel cervello che hanno permesso a un uomo di tornare a parlare in modo fluido, traducendo i suoi segnali cerebrali in tempo quasi reale. Il metodo utilizza l’Intelligenza artificiale per individuare correlazioni tra le parole scritte e i segnali dei neuroni.

Lo studio, coordinato da Sergey Stavisky, è stato pubblicato su Nature.

Il dispositivo è stato sviluppato e testato al momento su un unico paziente, un uomo di 45 anni, Casey Harrell, affetto da sclerosi laterale amiotrofica, a cui sono stati impiantati i 4 elettrodi nel cervello. Harrell parlava molto male a causa della patologia.

All’uomo è stato poi chiesto di provare a pronunciare delle frasi che apparivano su uno schermo e i segnali elettrici prodotti dal suo cervello sono stati usati per addestrare l’IA che ha identificato correlazioni tra le parole scritte e i segnali dei neuroni. Dati che sono stati trasformati poi in parole.

Harrell ha utilizzato il sistema sia in contesti di conversazione sollecitati che spontanei. In entrambi i casi, la decodifica vocale è avvenuta in tempo reale, con continui aggiornamenti del sistema per mantenerlo accurato. Le parole decodificate sono state mostrate su uno schermo. Incredibilmente, poi sono state lette con una voce che sembrava proprio quella di Harrell prima che avesse la Sla.

Lo studio

Si è passati così dal comprendere appena il 4% delle parole dette dal paziente alla comprensione del 60% grazie alla voce sintetizzata, fino alla capacità di poter anche cantare semplici melodie. "I risultati di questa ricerca - ha detto David Brandman, uno degli autori dello studio - offrono speranza a chi vorrebbe parlare ma non può". Allo stesso tempo però, sottolineano gli stessi ricercatori, il lavoro fatto è ancora troppo limitato, su un solo paziente, per poter giungere rapidamente a una tecnologia disponibile su larga scala.

Un vasto vocabolario

Il sistema ha la particolarità di essere veloce. Nella prima sessione ci sono voluti 30 minuti per raggiungere il 99,6% di accuratezza con un vocabolario di 50 parole. Nella seconda sessione, il vocabolario ha raggiunto le 125.000 parole. Con solo 1,4 ore in più di addestramento, il sistema ha raggiunto un’accuratezza del 90,2% fino ad arrivare a del 97,5%. “La prima volta che abbiamo provato il sistema, ha pianto di gioia quando le parole che il paziente con Sla stava cercando di dire correttamente sono apparse sullo schermo”, ha spiegato Stavisky.

Le Brain computer interface sono studiate da tempo sui pazienti con Sla o ictus, e i progressi sono rapidi, anche se ancora legati a studi sperimentali. Ora l’IA porta molto al processo di traduzione in tempo reale dell’attività cerebrale in un discorso vero e proprio. In questo caso gli algoritmi del sistema sono stati addestrati con i dati raccolti mentre al partecipante veniva chiesto di provare a pronunciare frasi mostrate sullo schermo di un computer.

repubblica

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