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Overbooking per il 58% dei reparti di Medicina, mancano letti e personale

Overbooking per il 58% dei reparti di Medicina, mancano letti e personale

Sos posti letto e personale in oltre la metà dei reparti di Medicina interna italiani. Il 58% è infatti in over booking, ovvero ha un tasso di occupazione dei posti letto oltre il 100% mentre il 40,28% dei reparti occupa tra il 70 e il 100% dei letti a disposizione. Ciò significa avere pazienti assistiti perfino su una lettiga in corridoio, con un solo separé a garantire la privacy. Ad acuire questa situazione emergenziale c'è anche la carenza cronica di personale, riscontrata nell'85,65% dei reparti dal Nord al Sud dell'Italia. E' il quadro che emerge dall'indagine condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri italiani (Fadoi) su 216 unità operative in tutte le regioni italiane.

I reparti di Medicina interna dei nostri ospedali, sottolineano i medici internisti, sono quelli che assistono quasi la metà dei ricoverati, in particolare anziani e cronici con comorbilità. Pazienti che necessitano di cure sempre più complesse, che richiederebbero adeguate dotazioni di letti e personale. Questo, mentre circa un terzo dei ricoveri potrebbe invece essere evitato con una migliore presa in carico dei servizi sanitari territoriali e se solo si facesse un po' più di prevenzione, ma la riforma della sanità territoriale "ancora arranca - afferma la Fadoi - anche se i pazienti risultano oggi meno soli dopo le dimissioni e la percentuale di chi va a casa ma con l'assistenza domiciliare integrata attivata è salita al 43,98%".

"La situazione sempre più critica nella quale si trovano ad operare i reparti di medicina interna, strategici per tutto il sistema di assistenza ospedaliero, dipende non da ultimo dalla errata classificazione dei nostri reparti come a bassa, anziché medio-alta intensità di cura - spiega il presidente Fadoi, Francesco Dentali -. Questo si traduce infatti in una minore dotazione di personale e strumentazioni diagnostiche che mandano sempre più in affanno le medicine interne". Carenza di personale e superlavoro per i medici che sono nei reparti determinano anche un'altra conseguenza: quasi la metà dei professionisti non ha più tempo per fare ricerca e il 43% ne fa meno di quanto vorrebbe.

Medici internisti, Case comunità utili per il 72% se realizzate bene. Fadoi, 'riforma territoriale stenta a decollare. Speranze e scetticismo'

Mix di speranza e scetticismo da parte dei medici di Medicina interna sulle nuove Case e Ospedali di comunità. Le nuove strutture, fulcro della riforma della sanità territoriale che "stenta a decollare", dovranno aprire i battenti entro il giugno 2026 per non perdere i due miliardi del Pnrr stanziati proprio per questi servizi. Per il 72,22% dei medici, infatti, le nuove Case di Comunità potranno effettivamente ridurre il numero dei ricoveri, "ma bisognerà vedere come verranno realizzate".

Le Case di Comunità - sorta di maxi-ambulatori dove dovrebbero lavorare in team medici di famiglia, specialisti ambulatoriali delle Asl e altri professionisti della salute - sono strutture dove, oltre ad essere visitati, gli assistiti dovrebbero poter eseguire anche accertamenti diagnostici di primo livello, come Ecg o ecografie. Per il 72,22% dei medici, le nuove Case di Comunità potranno dunque effettivamente ridurre i ricoveri, "ma bisognerà vedere come verranno realizzate". Stessa risposta fornita dal 72,69% dei medici rispetto agli ospedali di comunità a gestione infermieristica, ai quali spetterebbe il compito di agevolare le dimissioni dai reparti, prendendo in carico quei pazienti che non hanno più bisogno dell'ospedale vero e proprio, ma che nemmeno sono nelle condizioni di tornare a casa. Per il 20,37% degli interpellati, invece, nessun beneficio arriverà dalle Case di Comunità, così come non vede miglioramenti all'orizzonte derivanti dagli Ospedali di Comunità il 12,04% dei medici.

Fermo restando che per il 32,87% tra l'11 e il 20% dei ricoveri potrebbe essere dimesso più rapidamente con queste nuove strutture intermedie ben funzionanti. Percentuale che sale tra il 21 e il 30% per il 33,33% degli interpellati, mentre per il 24,54% potrebbero lasciare più rapidamente il reparto oltre il 30% dei pazienti.

ansa

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