Ondate di calore e sicurezza in piscina: le raccomandazioni e il numero da chiamare 1500


Con l’arrivo del gran caldo giungono anche le raccomandazioni e i piani di intervento delle istituzioni per salvaguardare le persone più fragili. Dal 23 giugno sarà attivo il servizio di pubblica utilità 1500, gestito dal ministero della Salute in sinergia con l’Inail, che fornirà informazioni ai cittadini su come proteggersi dalle ondate di calore. Mentre l’Istituto superiore di sanità in collaborazione con Friuli Venezia Giulia, Liguria, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto e Sicilia, lancia una campagna video, in cui un pesciolino chiamato Salvo spiega ai genitori cosa fare per prevenire gli incidenti dei bambini in piscina.
Il numero 1500 è gratuito e sarà attivo dalle 9 alle 17, dal lunedì al venerdì. Gli operatori forniranno ai cittadini consigli utili per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute, orientamento ai servizi sul territorio attivati dalle Regioni e dai Comuni, informazioni per la tutela della salute dei lavoratori impegnati in attività all’aperto per ridurre i rischi da esposizione solare e counseling di tipo medico sanitario attraverso la collaborazione dei dirigenti sanitari del ministero della Salute.
Sul sito del ministero i bollettini con le ondate di calore
Il 1500 si aggiunge alle attività già messe in campo dal ministero della Salute con il Piano Caldo Estate 2025, operativo da fine maggio. Dal lunedì al venerdì, fino a metà settembre, si possono consultare sul sito del ministero i bollettini sulle ondate di calore. Il Piano Caldo, come ogni anno, si avvale del Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera e del Sistema di sorveglianza degli accessi in Pronto Soccorso che consentono di identificare tempestivamente situazioni di emergenza sanitaria e attivare interventi di prevenzione sulla popolazione.
In città o in vacanza il pericolo resta sempre in agguato. Più di metà degli annegamenti delle piscine riguarda i bambini fino a 12 anni, e in generale delle circa 330 persone che muoiono in media ogni anno per questo motivo (12%) ha meno di 18 anni. “Instaurare un corretto rapporto con l’acqua è fondamentale per la crescita dei nostri bambini, e con alcune attenzioni si possono ridurre i rischi che inevitabilmente sono connessi a questo elemento afferma Andrea Piccioli, direttore generale dell’Istituto superiore di sanità –. Uno speciale ringraziamento va alle Regioni perché insieme a loro possiamo aumentare la diffusione di questa campagna e promuovere una prevenzione più efficace”.
Secondo rapporto in via di pubblicazione dell’Osservatorio per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti e incidenti in acque di balneazione, dal 2017 al 2021 sono morte per annegamento 1.642 persone. Di queste, il 12,5% (ovvero 206) aveva un’età da 0 a 19 anni. Si tratta di circa 41 decessi ogni anno che riguardano bambini o ragazzi adolescenti, con i maschi che rappresentano un cospicuo 81% di tutte le mortalità per annegamento in età pediatrica. I casi aumentano con l’aumentare dell’età, anche se non in maniera lineare (la fascia di età 1-4 anni presenta più casi di quella 5-9 anni), fino ad arrivare agli adolescenti, che da soli coprono il 53,4% di tutti gli annegamenti da 0 a 19 anni. Nella quasi totalità dei casi, il bambino – che non sa nuotare - annega perché sfuggito all’attenzione dei genitori, cade in acqua o finisce, giocando in acqua, nell’acqua fonda. Anche le piscine domestiche hanno contribuito a elevare il numero di incidenti e di annegamenti, e il 53% degli annegati nelle piscine sono bambini fino a 9 anni. “L’acqua, anche quando è una pozza d’acqua o “uno stagno”, esercita un’attrazione fatale su qualsiasi bambino – spiega Fulvio Ferrara, che ha curato il rapporto -. Nelle piscinette gonfiabili il rischio che un bambino piccolo, che ha da poco cominciato a camminare, si rovesci dentro è molto elevato. Dobbiamo ricordare qui che un bambino caduto in acqua, scomparirà dalla vista entro 20 secondi”.
Una delle cause più comuni di annegamento infantile è legata alla mancata o inadeguata supervisione da parte degli adulti. In uno studio riportato nel rapporto questi ammettevano, mentre sorvegliavano il loro bambino vicino all’acqua, di aver parlato con altri (38%), di dover sorvegliare un altro bambino, di essere occupati a leggere (18%), di mangiare (17%) e/o di parlare al telefono (11%).
Tra i genitori di bambini tra 0 e 12 anni quasi la metà (48%) credeva erroneamente che avrebbero sentito rumori e schizzi o piangere il loro bambino, se si fosse trovato in difficoltà in acqua. Inoltre il 56% credeva che un bagnino, se presente, fosse la persona principale responsabile della supervisione del proprio bambino, e il 32% ha riferito di lasciare il proprio bambino completamente incustodito in una piscina per 2 minuti o più.
Il video diffuso sui canali social dell’Iss e delle Regioni che hanno aderito fornisce alcuni consigli per evitare incidenti:
Immergersi preferibilmente in acque sorvegliate dove è presente personale qualificato in grado di intervenire in caso di emergenza, evitare di immergersi in caso di mare mosso o in prossimità di specchi d’acqua dove sono presenti correnti di ritorno, sorvegliare sempre in maniera continuata i bambini, sducare i bambini all’acquaticità fin da piccoli, evitare di tuffarsi in acqua repentinamente dopo aver mangiato o dopo un’esposizione prolungata al sole e di tuffarsi da scogliere o in zone non protette.
Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.
Iscrivitiilsole24ore