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Google AI ora sa interpretare anche le immagini mediche (come i rash cutanei)

Google AI ora sa interpretare anche le immagini mediche (come i rash cutanei)

Si chiama Amie (Articulate Medical Intelligence Explorer) ed è il sistema di intelligenza artificiale progettato da Google per rispondere alle domande dei pazienti. La prima versione è stata presentata a gennaio del 2024 ma è già in fase di studio un modello aggiornato, basato su Gemini 2.0 Flash e capace di interpretare - e richiedere - non solo informazioni testuali ma anche immagini e altri documenti clinici. Nel corso di uno studio non ancora sottoposto al processo di revisione fra pari, pubblicato sulla piattaforma arXiv, quest’ultimo modello di Amie avrebbe ottenuto punteggi più alti rispetto ai medici di base per quanto riguarda l’accuratezza diagnostica e la capacità di interpretare determinati dati o immagini. Il sistema è però ancora in fase di studio e saranno necessarie ulteriori ricerche prima che possa essere eventualmente sfruttato in contesti reali.

L’anamnesi del “Dott. Arnie”

Prima di formulare una diagnosi, i medici hanno bisogno di raccogliere le informazioni necessarie sul paziente che hanno di fronte, rivolgendogli specifiche domande sulla sua storia clinica oppure, quando necessario, richiedendo la documentazione relativa ad accertamenti condotti in passato. Con la nuova versione di Amie, Google si ripropone di simulare proprio questo tipo di interazione. Ovviamente, siamo in un campo completamente diverso da quello del machine learning applicato in ambito clinico per affiancare i medici nell’interpretazione degli esami di imaging (per esempio le mammografie), dove già sono stati pubblicati numerosi studi.

Come è stato condotto lo studio

Per analizzare le nuove prestazioni della piattaforma di intelligenza artificiale sono stati coinvolti 20 attori professionisti, a cui è stato chiesto di dialogare con Amie o con un medico di medicina generale (ne sono stati reclutati 19), simulando 105 situazioni cliniche con relativi sintomi. Gli scambi avvenivano attraverso una chat in cui potevano essere caricati documenti di vario tipo, come immagini relative a rash cutanei o altri problemi dermatologici, o file con i risultati di un elettrocardiogramma o delle analisi del sangue.

Ogni scambio è stato poi valutato, tramite appositi questionari, da tre medici specializzati in cardiologia, dermatologia e medicina interna (gli specialisti coinvolti nella valutazione sono stati 18, in totale).

l’Ai e le immagini cliniche

Ebbene, Amie avrebbe ottenuto punteggi più alti rispetto ai medici di base per quanto riguarda, per esempio, la capacità di interpretazione delle immagini e la completezza della diagnosi differenziale, che consente di distinguere condizioni mediche diverse associate a sintomi simili. Inoltre, la sua accuratezza diagnostica sarebbe risultata più robusta nel caso di immagini di scarsa qualità. Dal punto di vista dei “pazienti attori”, la piattaforma di intelligenza artificiale sarebbe stata percepita spesso come più empatica e affidabile.

I limiti del "medico artificiale”

Naturalmente, anche a detta degli stessi autori dello studio, questo tipo di approccio presenta dei limiti e dei rischi. Primo fra tutti il fatto che l’interazione via chat, utilizzata nel corso della ricerca con lo scopo di poter comparare le prestazioni dei medici di medicina generale con quelle della piattaforma di intelligenza artificiale, preclude l’utilizzo di importanti canali comunicativi, come il linguaggio non verbale, che nella realtà contribuisce per esempio a costruire un rapporto di fiducia con il proprio medico. Inoltre, durante una visita effettuata in presenza, il medico ha modo di eseguire valutazioni visive più dinamiche rispetto a quelle rese possibili da immagini statiche.

Il prossimo passo

Un altro fatto da tenere presente, spiegano da Google, è che per la ricerca sono stati coinvolti pazienti “fittizi”, ossia attori, e che i casi reali possono avere un grado di complessità significativamente più elevato. Prima di poter eventualmente sfruttare questo sistema, sottolineano, saranno necessarie ulteriori ricerche. Proprio in questa direzione, Google starebbe avviando uno studio in collaborazione con il Beth Israel Deaconess Medical Center per valutare Amie in un vero contesto clinico.

repubblica

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