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Ictus ischemico, grazie ai farmaci si può sciogliere il trombo (ma se si fa presto)

Ictus ischemico, grazie ai farmaci si può sciogliere il trombo (ma se si fa presto)

I numeri parlano chiaro. Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità, In Italia, ogni anno, ci sono circa 120.000 nuovi casi di ictus. In quattro casi su cinque si tratta di primi episodi, mentre nel 20% dei casi l’attacco ai neuroni è dovuto ad un nuovo attacco. Ma attenzione: non tutti gli ictus hanno la stessa natura. I più comuni sono quelli ischemici, legati ad un’alterazione acuta della circolazione causata da occlusione vasale correlata a trombosi locale o coaguli in arrivo dal cuore o dai vasi. In queste condizioni, tra le terapie lo specialista può puntare anche su farmaci che “sciolgono” il trombo, riaprendo le vie del sangue.

In questo, senso c’è una novità importante: l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità in classe H (quindi per trattamento in ospedale) di tenecteplase (dosaggio 25 milligrammi) per il trattamento trombolitico dei pazienti con ictus ischemico acuto entro 4,5 ore dall'esordio e dopo avere escluso la presenza di emorragia intracranica.

Il fattore tempo e l’azione del farmaco

Partiamo da un dato. Fondamentale, per sfruttare al meglio la finestra temporale in cui la terapia può essere somministrata, è arrivare prima possibile in ospedale. Il che significa non perdere tempo in caso di un’improvvisa comparsa di segni e/o sintomi neurologici come paresi/paralisi, mancanza di coordinazione degli arti, deficit cognitivo o disturbi del campo visivo. Questi sono infatti i principali segnali d’allarme che debbono far chiamare immediatamente i soccorsi. Una volta fatta la diagnosi di ictus ischemico, il farmaco può aiutare nella trombolisi, ovvero per tentare di sciogliere il trombo e riaprire la strada al sangue e all’ossigeno destinati ad un’area del cervello che non è irrorato per la presenza della lesione. Il medicinale si lega alla componente di fibrina del trombo (coagulo di sangue) e converte selettivamente il plasminogeno legato al trombo in plasmina, che a sua volta degrada la matrice di fibrina del trombo.

Il parere degli esperti

Recenti trial clinici hanno dimostrato efficacia e sicurezza del tenecteplase paragonabili rispetto ad alteplase, sia nella finestra terapeutica delle 4,5 ore che in quella più ampia oltre le 4,5 ore, in accordo con il profilo farmacologicosegnala Danilo Toni, Professore Ordinario di Neurologia e Direttore Unità di Trattamento Neurovascolare presso il Policlinico Umberto I, Roma. Questo, unitamente alla somministrazione in bolo con i conseguenti possibili miglioramenti nell'intervallo di tempo fra esordio sintomi e terapia e alla facilitazione dei trasporti secondari da centro spoke a centro hub, fa del tenecteplase il farmaco di scelta nella terapia di rivascolarizzazione dell'ictus ischemico acuto, sia da solo che in associazione al trattamento meccanico in caso di occlusione di grosso vaso. Recenti evidenze hanno inoltre dimostrato che TNK ha una maggiore probabilità di ottenere risultati funzionali eccellenti e di ridurre la disabilità a tre mesi, con una sicurezza simile rispetto ad alteplase. L’Italian Stroke Association – Associazione Italiana Ictus (ISA-AII), peraltro, accoglie con favore un farmaco che si è dimostrato sicuro ed efficace in numerosi studi clinici. Lo conferma Paola Santalucia, presidente ISA-AII: “l’approvazione del tenecteplase al dosaggio di 25 milligrammi rappresenta certamente un’innovazione terapeutica per il trattamento delle persone colpite da ictus ischemico acuto, consentendo l’utilizzo di un farmaco che unisce efficacia clinica comprovata a una maggiore praticità di somministrazione rispetto alla terapia trombolitica standard attualmente in uso (rt-PA – alteplase) – segnala l’esperta. Tenecteplase, infatti, permette una somministrazione semplificata in bolo singolo e mostra risultati almeno equivalenti, se non superiori, rispetto all’Alteplase nella pratica clinica —Il suo impiego potrà migliorare i tempi di trattamento e l’accessibilità alla terapia trombolitica anche in contesti ospedalieri meno strutturati. Pertanto, ISA-AII favorisce e auspica una rapida implementazione del tenecteplase nei percorsi ospedalieri, in linea con le più recenti evidenze scientifiche e raccomandazioni internazionali”.

Le cause dell’ictus e il TIA

Sotto la dicitura ictus si raccolgono situazioni estremamente diverse tra loro, che vanno riconosciute per approntare cure specifiche. La lesione può infatti essere causata in primo luogo dalla chiusura di un vaso arterioso e in questo caso si parla di ictus ischemico: più o meno le lesioni cerebrali hanno questa origine in quattro casi su cinque. Possono essere coinvolti tanto le grandi arterie, come ad esempio le carotidi, così come i piccoli condotti che scorrono all’interno del cranio e irrorano specifiche zone del cervello. A causare questo fenomeno possono essere trombi presenti sulla parete dei vasi o emboli trasportati dal flusso sanguigno. Ed è proprio in questi casi che la trombolisi si rivela efficace, ovviamente considerando sempre i tempi della terapia.

L’ictus emorragico, invece si manifesta in circa il 15 per cento dei casi ed è legato alla rottura delle pareti di un’arteria che quindi perde sangue e va a comprimere il tessuto cerebrale. Tra le cause possono esserci un drastico aumento della pressione, che porta i vasi a rompersi, oppure la rottura di un aneurisma, cioè di una dilatazione patologica della parete arteriosa spesso nemmeno percepibili.

Ci sono poi casi in cui si creano le cosiddette emorragie subaracnoidee, con il sangue che si accumula tra il cervello e il suo rivestimento esterno. In questi casi, quasi sempre legati alla rottura di un aneurisma, ci sono segni abbastanza tipici come fastidio alla luce, un fortissimo mal di testa con vomito, in molti malati anche perdita di coscienza.

Non bisogna infine dimenticare che, come accade per il cuore in caso di angina, possono esserci temporanee carenze di sangue al cervello che non arrivano a causare danni permanenti me debbono comunque essere riconosciute precocemente, per capire come si può anticipare il vero e proprio ictus. Si chiamano attacchi ischemici transitori (TIA), e rappresentano segnali d’allarme perché possono provocare disturbi del tutto simili a quelli dell’ictus, che magari durano solo per pochi minuti.

La Repubblica

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