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Hpv, come migliorare l’aderenza agli screening? Con il test fai-da-te

Hpv, come migliorare l’aderenza agli screening? Con il test fai-da-te

L’aderenza ai programmi di screening per l’Hpv (il Papillomavirus umano) può aumentare significativamente se le donne ricevono a casa il kit per il prelievo fai-da-te. È quanto emerge dai risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato su JAMA Internal Medicine, per il quale sono state coinvolte quasi 2.500 donne che avevano saltato alcuni screening o che non si erano mai sottoposte ai test. E dove l’aderenza è passata dal 17,4 al 41,1%.

Hpv e prevenzione

Il 99% dei casi di tumore del collo dell’utero è collegato all’infezione da Hpv. Da qui l’importanza della vaccinazione e dell’aderenza ai programmi di screening, che, insieme, permettono di prevenire la maggior parte dei casi, come sottolineano dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità).

I vaccini disponibili, infatti, sono particolarmente efficaci contro i ceppi del virus che più spesso portano allo sviluppo del tumore del collo dell’utero, ma anche dell’ano, del pene, della vagina, del cavo orale. In Italia, la vaccinazione è offerta gratuitamente a ragazzi e ragazze che hanno compiuto 11 anni. Molte regioni hanno all’attivo programmi di offerta gratuita per varie categorie di persone (immunodepressi, donne che hanno avuto lesioni precancerose, persone con Hiv ed uomini che fanno sesso con altri uomini).

Sull’altro fronte, gli screening (con Hpv test e pap test) consentono di individuare precocemente l’infezione e le eventuali lesioni prima che evolvano in una forma tumorale invasiva.

I test per l’autoprelievo

Stando ai risultati dello studio pubblicato su JAMA Internal Medicine, proporre l’opzione dell’autoprelievo, come alternativa al fatto di doversi recare presso una struttura sanitaria per sottoporsi al test, potrebbe rivelarsi una strategia vincente per favorire l’aderenza ai programmi di screening.

Gli autori della ricerca hanno diviso in modo casuale le partecipanti in tre gruppi: le donne incluse nel primo gruppo hanno ricevuto soltanto una telefonata con cui venivano invitate a recarsi presso una clinica per effettuare il test; le partecipanti inserite nel secondo e nel terzo gruppo hanno ricevuto la stessa telefonata, alla fine della quale, però, l’operatore le informava sulla possibilità di effettuare il test a casa.

Entro una settimana dalla telefonata gli appositi kit sono stati inviati via posta alle donne incluse in questi due gruppi, insieme a una busta pre-affrancata per spedire indietro il campione. Le partecipanti del terzo gruppo hanno poi ricevuto un’ulteriore telefonata come promemoria nel caso in cui non avessero spedito indietro il campione entro tre settimane. L’aderenza allo screening è stata pari al 17,4% nel primo gruppo, al 41,1% nel secondo gruppo e al 46,6% nel terzo gruppo.

Il test fai-da-te approvato negli Stati Uniti

Proprio su questo fronte, a maggio di quest’anno la statunitense Food and Drug Administration (FDA) ha approvato il primo test “fai-da-te”. Secondo i risultati di uno studio per cui sono state coinvolte circa 600 partecipati, condotto dall’azienda che produce il kit in questione, il test effettuato con l’autoprelievo avrebbe un’accuratezza paragonabile a quella dei prelievi effettuati da personale medico-sanitario. In particolare, nel corso dello studio è stata valutata la percentuale di campioni auto-raccolti e correttamente identificati come positivi per l’Hpv, prendendo come riferimento i campioni corrispondenti prelevati da un clinico e risultati positivi all’infezione. Questo parametro avrebbe raggiunto il 95%.

Come funziona in Italia?

Attualmente, in Italia i kit per l’autoprelievo vengono venduti in farmacia, ma solo alcune Aziende Sanitarie Locali (As) li hanno ufficialmente integrati nei programmi di screening. L’Ausl (Azienda Unità Sanitaria Locale) di Bologna avrebbe fatto da apripista, seguita da quella di Ferrara, che a marzo di quest’anno ha annunciato l’avvio di una collaborazione con farmacie e altri enti proprio a questo scopo. “Si tratta di una innovazione importante a livello nazionale e regionale che ci vede secondi in Italia dopo l’esperienza avviata a Bologna”, ha spiegato Nicoletta Natalini, direttrice generale Aziende Sanitarie ferraresi. Come di consueto, le donne di età compresa fra 30 e 64 anni riceveranno la lettera di invito allo screening, attraverso la quale verrà offerta la possibilità di eseguire il test presso una struttura sanitaria, oppure di ritirare l’apposito kit per l’autoprelievo presso le farmacie aderenti al progetto.

repubblica

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