Parkinson: sintomi oltre il tremore
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Proprio come associamo le nuvole alla pioggia, ci sono sintomi che ci ricordano immediatamente certe malattie. Un esempio chiaro è la relazione tra tremore e Parkinson. Il Parkinson è la malattia neurodegenerativa più comune dopo l'Alzheimer. Yaroslau Compta, neurologo dell'Hospital Clínic di Barcellona , stabilisce una semplice distinzione tra i due: "Se l'Alzheimer colpisce principalmente le funzioni cognitive, il Parkinson colpisce i movimenti". Tuttavia, nonostante il tremore sia il sintomo maggiormente associato a questa condizione, le sue manifestazioni e conseguenze vanno ben oltre.
La malattia si sviluppa gradualmente ed evolve progressivamente, con un'incidenza che aumenta con l'età: ne soffre tra l'1% e il 4% della popolazione tra i 70 e gli 85 anni. I suoi principali sintomi sono motori: lentezza nei movimenti ripetitivi e automatici, perdita della destrezza manuale, rigidità muscolare con dolore, disturbi dell'andatura, mancanza di espressività facciale e riduzione delle dimensioni della scrittura. Il tremore, sebbene caratteristico, non è sempre presente: il 40% delle persone affette dal Parkinson non lo sviluppa mai, il che sottolinea l'importanza di prestare attenzione ad altri sintomi per una diagnosi accurata.
Non esistono due casi di Parkinson uguali: alcuni sono del tutto benigni e possono manifestarsi complicazioni anche dopo molti anni. Dott. Francesc Valldeoriol Responsabile dell'Unità di Parkinson e Disturbi del Movimento presso l'Hospital Clínic
Negli ultimi decenni si è scoperto che i sintomi motori possono essere preceduti da sintomi prodromici, come perdita dell'acutezza olfattiva, stitichezza, disturbi del sonno, apatia o dolore oltre la rigidità muscolare. Infatti, nel corso della malattia, questi sintomi non motori possono diventare tanto gravi e invalidanti quanto quelli motori. Tuttavia, come sottolinea il dottor Francesc Valldeoriola, responsabile dell'Unità per il Parkinson e i disturbi del movimento presso l'Hospital Clínic, "non esistono due casi di Parkinson uguali: alcuni sono chiaramente benigni e impiegano molti anni per sviluppare complicazioni".
In generale, quando il morbo di Parkinson progredisce favorevolmente e senza complicazioni, l'aspettativa di vita non si riduce. Tuttavia, fattori quali grave disfagia, demenza o cadute con fratture possono peggiorare la prognosi a breve termine. Tra le complicanze acute più frequenti vi sono la sindrome da iperpiressia – scatenata dalla riduzione delle dosi dei farmaci –, la cessazione acuta dei movimenti, gli episodi di movimenti involontari e la sindrome da astinenza associata a determinati farmaci.
Può verificarsi anche un deterioramento cognitivo, anche se, come sottolinea la dottoressa Almudena Sánchez, neurologa dell'Hospital Clínic Barcelona, "di solito si verifica in fasi molto più avanzate della malattia". Il deterioramento cognitivo è il sintomo principale dell'Alzheimer, ma, come sottolinea il dott. Valldeoriola, "il deterioramento cognitivo associato al Parkinson non è generalmente simile a quello dell'Alzheimer".
Le cause della malattia restano sconosciute. Secondo il dott. Yaroslau, “potrebbe esserci una combinazione di fattori genetici e, certamente, fattori ambientali”. Dalla fine degli anni Novanta sono state identificate mutazioni genetiche legate a quadri clinici simili al Parkinson classico, che tuttavia spiegano solo il 2% dei casi sporadici e il 7% dei casi familiari.
Tra i fattori di rischio ambientale meglio documentati ci sono i pesticidi. È stato anche ipotizzato che vivere in ambienti rurali, l'esposizione a metalli pesanti o traumi cranici potrebbero contribuire allo sviluppo della malattia. Data la complessità del Parkinson e dei suoi sintomi, la diagnosi rimane clinica, cioè basata sul colloquio con il paziente e sull'esame fisico. Esistono tuttavia ulteriori esami che possono aiutare a escludere altre cause o malattie, come esami del sangue e di altri liquidi biologici, neuroimaging strutturale o neuroimaging funzionale.
Potrebbe esserci una combinazione di fattori genetici e, certamente, di fattori ambientali. Dott. Yaroslau Compta Neurologo presso l'Hospital Clínic di Barcellona
Purtroppo il Parkinson è una malattia cronica. Come sottolinea il dott. Sánchez, “i trattamenti attualmente disponibili non sono curativi”, ma piuttosto si concentrano sull’alleviamento dei sintomi. Per quanto riguarda il trattamento non farmacologico, è essenziale mantenere buone abitudini di vita. Anche la logopedia, la stimolazione cognitiva, l'attività fisica e, in caso di carenza, gli integratori vitaminici possono rivelarsi di grande aiuto. Nelle fasi iniziali, quando la malattia ha scarso impatto funzionale, si raccomanda di non iniziare il trattamento farmacologico dei sintomi.
Se necessario, di solito si inizia con dosi basse, che vengono poi progressivamente aggiustate per garantirne la tolleranza. Inoltre, viene personalizzato in base alle esigenze di ogni paziente. Esistono anche trattamenti per sintomi non motori, come stitichezza, depressione, apatia o deterioramento cognitivo. In ultima analisi, si può ricorrere alla chirurgia, anche se questa opzione è limitata ai pazienti di età inferiore ai 70 anni o senza disturbi cognitivi o psichiatrici attivi.
È chiaro, quindi, che il Parkinson è una malattia complessa, che varia notevolmente da paziente a paziente. Tuttavia, grazie ai trattamenti disponibili, i sintomi possono essere notevolmente alleviati.
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